sabato 8 dicembre 2012

Il vino degli assassini


Mia moglie è morta, e son libero!
Posso bere finalmente a sazietà.
Quando rientravo senza un soldo
Con le sue grida mi straziava l'anima.

Or mi sento felice come un re:
L'aria è pura e il cielo splendido...
Era proprio un'estate così
Quando m'innamorai di lei.

Per placare questa sete che mi strazia

ci vorrebbe tanto vino quanto

può contenerne la sua tomba;

e non è dir poco.


Perché io l'ho buttata in fondo a un pozzo,
E in più le ho gettato addosso

Tutte le pietre del parapetto.

Potrò dimenticarla?


In nome dei profondi giuramenti
Da cui nulla ci può mai slegare,
Per tornare ad amarci
Come al tempo delle nostre ebbrezze,

L'ho supplicata di trovarci ancora,
Di notte, in una strada solitaria.
Lei è venuta, pazza creatura!
Siamo tutti un po' pazzi a questo mondo!

Era ancora carina,
Sebbene un po' sfiorita,
Ed io l'amavo troppo, e allora le ho detto:
Esci da questa vita!

Nessuno può capirmi: forse che
Un di quei tanti stupidi beoni
Ha mai pensato in qualche notte d'incubo
Di trasformare il vino in un sudario?

Tutti questi cialtroni invulnerabili,
Fantocci di ferro
Mai e poi mai, né d'estate né d'inverno,

Han conosciuto il vero l'amore,

Con i suoi neri incantesimi,
L'infernale suo seguito di allarmi
Le fiale di veleno, le sue lagrime,
Gli stridor di catene e di ossami!

-Eccomi libero e solo!
Questa sera sarò ubriaco fradicio;
E allora, senza tema né rimorso,
Mi sdraierò sul suolo,

E dormirò come un cane!
Un carro con le sue pesanti ruote,
Carico di pietre e fango,
O un treno furioso, se vuole

Potrà schiacciar la mia testa colpevole
O anche tagliarmi a metà:
Io me ne infischio del Signore,
Del Diavolo, e di tutti i Sacramenti!



Charles Baudelaire 

martedì 4 dicembre 2012

Un video al...

...giorno.

Aggiornamento della rubrica.

Oggi presento Danno:
Rapper romano vecchia scuola, membro, insieme a Masito e Dj Baro, dello storico gruppo Colle der Fomento (immagine sotto), è considerato uno dei maggiori esponenti della scena Hip-Hop italiana.
Mc che ha flow e fotta da vendere (tanto da mandare a casa più della metà delle nuove leve), abile freestyler e compositore di rime che spaziano dal sociale, all'introspettivo, all'auto-celebrazione e chi più ne ha più ne metta. Un Mc completo sotto tutti i punti di vista.




Col suo gruppo, i Colle der Fomento, ha dato alla luce solo tre dischi e un Ep, dal lontano 1994 a oggi: Odio Pieno, Scienza doppia H, Più forte delle Bombe EP, Anima e ghiaccio.
Non il più prolifico dei rapper, ma la qualità e l'importanza di questi album parla da sola. Inoltre ha collaborato con quasi tutta la scena Hip-Hop italiana e ha dato vita a diversi progetti collaterali, come il cyberpunk Rap degli Artificial Kid (Danno, StabbyoBoy e Dj Craim), il programma radiofonico Welcome 2 the Jungle e i Good Old Boys (C.d.F., Kaos e Dj Craim).

Qui un intervista a Danno, a cura di Goldworld
Qui il sito dei Colle der Fomento

Buon ascolto.
 Danno
Deragliamento personale
tratto da: Ministero dell'Inferno


Colle der Fomento
Il cielo su Roma
tratto da: Scienza doppia H

giovedì 29 novembre 2012

Blogroll

 Il Blogroll è "una raccolta di link ad altri blog" (wikipedia).
In sostanza è una sorta di lista dei blog che l'autore, del blog in cui la trovate, segue.
Possono essere blog che trattano lo stesso argomento, blog amici, altri blog dello stesso autore ecc...ecc...




Personalmente lo trovo uno strumento (se così possiamo definirlo) interessante, che permette di scoprire tanti blog partendo da uno solo, come in una sorta di gioco delle scatole cinesi.

A volte ho trascorso intere serate passando di blog in blog, sino a scordarmi quello da cui ero partito e quale fosse la mia ricerca.


Questi sono alcuni dei blog che seguo maggiormente.

Ciclofrenia

Carusopascoski

Collettivo Mensa

In abiti succinti

Pennablu-consigli sulla scrittura 

Avant la guerre

Corrente letteraria degli Alieni metropolitani


Buone letture.

lunedì 26 novembre 2012

Schizzi di racconti o racconti schizzati n°2

Oggi vi presento un piccolo raccontino il cui tema è il Caffè.
Buona lettura.


La psicologia del caffè


Il barista fissava impaziente l'orologio, in attesa che la lancetta dei minuti spaccasse in due il numero dodici: in quel momento lei sarebbe entrata, accompagnata da un'aura di quiete in grado di coprire il brusio dei clienti.
L'ora arrivò, e come i tutti i giorni, la giovane ragazza entrò nel bar.
Come sempre ordinava un caffè macchiato e si sedeva al tavolino rotondo in fondo alla sala, dove, dopo aver acceso una sigaretta, scriveva su un quadernino dalle pagine ingiallite.

L'indomani sarebbe stato il suo giorno libero ed era deciso a conoscerla.
Alle dieci e trenta si presentò al bar, fece colazione e l'aspettò.

Alle solita ora lei entrò, avvolta in uno stravagante vestitino verde scuro che risaltava i lunghi e mossi capelli rossi; ai piedi delle infradito dal medesimo colore dello smalto.
Il ragazzo l'ammirò. Appena il suo collega le portò il caffè al tavolo si fece coraggio e decise di andare a parlarci.
“Posso?” chiese, fingendo un tono vocale sicuro di sé.
“Certo” rispose lei, alzando lo sguardo e mostrando i suoi grandi occhi azzurri.
“Oggi è buono il caffè? Sa il mio collega non è molto pratico nel farli, ma in compenso...”
“Va benissimo. È molto buono”. Lo interruppe lei, poi continuò “Perché vieni qui anche nel tuo giorno libero? Ti piace questo bar?”.
Lui sorrise, felice che l'avesse riconosciuto, e rispose “Preferisco i clienti. Sai, lavorare in un bar ti aiuta a capire molte cose sulle persone”.
“Ci credo” rispose lei “parli tutti i giorni con un sacco di gente”.
“No. Io non parlo molto. Sono le loro scelte a parlarmi”. Rispose, mentre lei lo fissava incuriosita. “Per esempio, sai che il caffè può dire molto su di una persona?”.
“Parli della caffeomanzia?” rispose lei, cercando di trattenere una risata.
“No, non quelle sciocchezze.” sbuffò lui, accorgendosi di aver attirato la sua curiosità.
“Avanti, parla. Ti ascolto”. Disse lei in tono amichevole, mentre estraeva una Marlboro light dal pacchetto, offrendone una anche a lui.
“Tu sei una persona dall'animo artistico. Cerchi la bellezza nelle cose, nei piccoli gesti quotidiani. Ti piace assaporare la vita da molteplici punti di vista, utilizzando più sensi, per quello bevi il caffè macchiato, perché ti piace vedere la schiuma del latte, compatta, avvolgersi nel liquido caldo del caffè e formare figure astratte. Tu bevi il caffè anche con gli occhi, non solo con la bocca”.
Lei lo osservò sbigottita e non riuscì a trattenere una risata divertita.
“Mi stai prendendo per scemo? Guarda che è vero! Prova a negarlo” rispose lui a tono, mascherando la serietà dietro una risata di complicità.
“Scusami, non volevo ridere, ma mi hai preso alla sprovvista. Dove hai letto queste cose?”
“Da nessuna parte. L'ho dedotto io, osservando le persone che vengono qua. Vedi il tizio al bancone, quello con la ventiquattrore ai piedi e il cellulare all'orecchio? Scommetto che ha preso un caffè ristretto. Sai chi prende un caffè ristretto? Le persone che vivono di lavoro, con l'agenda sempre piena, cariche di impegni dalla mattina alla sera. Quelle che non hanno, o dicono di non avere, un minuto per fermarsi ad assaporare i piaceri della vita. L'opposto di chi prende un espresso classico”.
Lei, sempre più incuriosita lo esortò “ovvero?”.
“L'espresso classico è tipico delle persone semplici, senza troppe pretese. Quelle capaci di apprezzare le piccole cose che la vita ti offre. Sanno che la felicità si può trovare quotidianamente in ciò che ci circonda, e non vanno a cercarla altrove. Oppure...”.
“Oppure?”
“Oppure lo prendono le persone che ancora non hanno trovato il caffè adatto alla loro personalità”.
La ragazza fissava il barista, rapita dalla sua parlantina e sembrava chiedergli di non fermarsi.
“Osserva il signore che sta entrando ora. Ordinerà un caffè lungo. Sai perché?”
“Perché ama il sapore del caffè?”.
“No. Perché ha paura della vita. Le persone che prendono un caffè lungo sono quelle che cercano una pausa più lunga, che gli permetta di non tornare ad affrontare i problemi. Sono le persone che si rifugiano dietro una scusa. Sempre.”
“Sembra una teoria interessante. E su chi prende il caffè corretto che hai da dire? Che è un alcolizzato?”
“Ahahah. Brava, ma questo era facile, e poi non è detto, magari è una persona che cerca il coraggio, come il leone del Mago di Oz”
Risero tutti e due, poi lei spense la sigaretta e allungò una mano verso di lui “Io mi chiamo Federica” disse.
Lui, ricambiando il gesto, le strinse la mano e rispose “Io sono Roberto”.
Seguirono alcuni attimi di silenzio, poi fu Federica a prendere la parola “Dimmi Roberto...tu, che tipo di caffè sei?”
Lui la osservò per un attimo, poi disse “Io non bevo il caffè. Preferisco il the”.


domenica 25 novembre 2012

Un video al...

...giorno

Credo di dover cambiare il titolo di questa rubrica in "Un video al...la settimana".

Oggi pubblico un artista (e ci terrei a sottolineare questo termine) molto conosciuto qui in Italia.
Deriva anch'esso dal filone del rap, anche se ultimamente si è sempre più distaccato dai classici canoni del genere, in favore di uno stile, per certi versi, pop/rockettaro, pur mantenendo (e potenziando) la sua integrità artistica e musicale.
Sto parlando di Caparezza.



Un artista che non ha certo bisogno di presentazioni.
Spesso snobbato dalla scena hip-hop italiana e viceversa, in realtà per me è uno dei suoi maggiori esponenti.
Di lui apprezzo la capacità di giocare con le parole (Follie preferenziali; Torna catalessi; Ti sorrido mentre affogo; L'ottavo capitolo), di stupirti con citazioni ricercate e colte (Sono il tuo sogno eretico), di analizzare lucidamente -e in pochi minuti- interi spaccati di società (Fuori dal Tunnel; Io diventerò qualcuno), di ironizzare su temi sociali senza cadere nel banale (Vieni a ballare in Puglia; La grande opera).
Una personalità dalla mente brillante, di cui vi lascio due pezzi: il primo risale al suo secondo album "Verità supposte", quando ancora faceva rap, il secondo invece è più recente ed è tratto dal suo ultimo album "Il sogno eretico".


Follie preferenziali
tratto da: Verità supposte

Sono il tuo sogno eretico
tratto da: Il sogno eretico

sabato 24 novembre 2012

Fast Food culturale

Nel post d' apertura e di presentazione avevo detto che avrei spiegato il senso del titolo del Blog.
Eccovelo svelato:

"è la prima cosa che mi è venuta in mente"

La prima proprio però no, diciamo la seconda o la terza. 


Il titolo, che sia di un racconto, di un libro, di un articolo, di un blog, ha una funzione importante: quella di invogliarci alla lettura di esso; di instillarci la curiosità verso i suoi contenuti.
Verrebbe da pensare che esso sia quindi frutto di un ragionamento fatto a posterirori, sulla base del contenuto di ciò che presenta.
Io il ragionamento l'ho fatto, a posteriori pure, ma non su "che titolo dare al mio blog", bensì su "che senso ha il titolo del mio blog".
Dietro esso non c'è nulla di pianificato o ragionato. La verità è che il 99% delle volte che scrivo lo faccio di getto, senza prefissarmi nulla. Lascio fluire i pensieri sul foglio e quello che viene viene. Buona la prima insomma, e saranno poi le parole stesse a dare un senso a quanto scritto. 

Ma le parole "Il blog nuoce gravemente alla salute. Una vita normale può aiutarti a smettere: Pensaci"
che significato trasmettono? 
È il blog, come spazio virtuale, a nuocere alla salute? Alla salute di chi poi? Del blogger, del lettore?
Sono i contenuti del blog a nuocere? Questo lo escluderei nel mio caso, ma non in altri.
Insomma, quando l'ho pensato mi piaceva e l'ho utilizzato, senza troppe seghe mentali, poi ho pensato a che significato dargli, o che significato vedere in esso, perché molto spesso le cose più sensate, originali, particolari che diciamo dico nascono inconsciamente.

Al giorno d'oggi il web è invaso dai blog. Ne esistono per tutti i gusti: letterali, artistici, politici, musicali ecc...ecc...
Il blog è uno spazio virtuale che ognuno di noi si può ritagliare per dire la propria su qualsiasi argomento. Probabilmente la piattaforma del web che, insieme alle chat, ha dato vita ai Social Network e al web 2.0, l'era della connettività, della comunicazione fra utenti, dello scambio di dati, dell'accesso a qualsiasi fonte di informazione.
Una democratizzazione della cultura che ci permette di avere tutte le informazioni che desideriamo quando e dove vogliamo. Molto spesso sorvolando sulla qualità delle stesse.
L'era odierna ci bombarda letteralmente di informazioni. Ogni giorno siamo sommersi da queste anche se non le vogliamo, ma questo non è necessariamente un bene.
La cultura è pericolosa, qualcuno sostiene, e io quoto. Ma anche un overdose di essa è pericolosa, aggiungerei. Avere accesso a tutto e subito è un bene? o crea una fame di sapere che viene spesso sfogata tralasciando la qualità dell'informazione in favore della quantità.
Prima di farti un opinione, un idea, guarda la storia da molteplici punti di vista, sempre quel qualcuno sostiene, e io quoto ancora. Ma avere migliaia di voci contrastanti è obbligatoriamente un bene? soprattutto se queste migliaia di voci non hanno fonti alle spalle, non approfondiscono, generalizzano e banalizzano argomenti spesso delicati o che comunque è bene affrontare senza l'impulso di voler dire la propria.
Al giorno d'oggi essere web-giornalisti, web-intellettuali, web-quelchesivuole, è facile e alla portata di tutti e molto spesso vagando nella rete ci si può imbattere in tante realtà interessanti che hanno qualcosa di valido da dire, o almeno giustificano il tempo che spendiamo per leggerle e guardarle, ma è altrettanto facile imbattersi in chi emula le figure sopracitate, e se sotto la pioggia di cultura/informazione che ogni giorno ci sommerge non portiamo un ombrello fatto di criticità e beneficio del dubbio rischiamo di venire travolti da un mare di cose futili, che non fanno altro che darci una visione distorta della realtà, lasciandoci credere di essere fruitori e portatori di una cultura alternativa che di alternativo ha solo la superficialità e la voglia di dar fiato alla bocca di chi la produce.
Tutti hanno diritto a esprimere la propria opinione, il proprio pensiero. Il web, i blog, i social network hanno reso possibile questo, come mai prima d'ora.
Il diritto di critica e satira è sacrosanto. Non si tocca. Come io sto scrivendo su questo blog, un qualsiasi utente ha il diritto di ribattere quanto dico, aprire un dialogo, giustificare la sua posizione, e io sarei ben felice di questo.
Ma è necessario che ognuno dica la sua su qualcosa che non conosce? È necessario che tutti debbano giudicare gusti, scelte e idee degli altri? Quante volte vi è capitato leggere commenti in cui gli utenti assomigliavano a una marea di professori, dottori, esperti di settore, critici, tuttologi, pronti a crocifiggere l'autore dell'articolo, tante volte con cognizione di causa, certo, ma altrettante volte solo per mostrarsi superiori verso chi l'ha scritto, screditandolo con frasi derisorie, vuote, prive di tesi che supportino quanto affermato.Basta farsi un giro su un qualsiasi social network o blog per rendersene conto.
Come vien detto nella comunicazione orale: polemizzare per dar fiato alla bocca. Quasi fosse necessario dover dire la propria.

Insomma, l'ho presa alla larga, ma questo è in sostanza ciò che mi passava per la mente quando pensavo al senso del titolo.
Il blog nuoce alla salute? si, ma non questo blog, nè i blog in se. Il blog è il capro-espiatorio che nel mio titolo raffigura la moderna era della comunicazione, dove comunicare è più importante che fermarsi ad ascoltare.
Viviamo in una società in perenne mutazione. Un epoca di transizione. Internet ha rivoluzionato la percezione della realtà che ci circonda, è un mezzo dalle infinite potenzialità, che da a tutti, compreso me, la possibilità di esprimere al mondo il proprio pensiero.
Internet apre un mondo, una realtà nuova e diversa, come le droghe.
Non è il mezzo a nuocere la nostra salute, ma il suo sconsiderato utilizzo.


PS: inserendo il titolo su google sono capitato su questo articolo (link). Buona lettura.

martedì 20 novembre 2012

Occasione mancata

Ho da poco acquistato un fumetto. Un manga per la precisione: River's Edge.
Disegnato da Akio Tanaka (autore di Shamo) e scritto da Yuho Hijikata (già autore, insieme ad Akio, di Neo Border).
In vita mia non ho letto molti manga, anzi, a dir la verità, ne ho letto veramente pochi. Per il fumetto giapponese mi concentravo prevalentemente sugli Anime.
Al Lucca Comics di quest'anno, di fronte a un infinità di stand che proponevano Manga per ogni gusto, mi è venuta voglia di acquistarne uno, ma essendo a digiuno nel settore, e quindi completamente privo di ogni punto di riferimento, mi son lasciato guidare dal mio “fiuto”, il quale mi ha spinto sullo stand della Magic Press, dove facevano bella mostra di sé una serie di Seinen Manga completi in pochi volumi.
Tra questi, ad attrarre la mia attenzione, è stato proprio River's Edge, proposto tra l'altro a un prezzo stracciato.



L'edizione si presenta con un aspetto estetico decisamente curato.
Una sovra-copertina sobria, fatta con cartoncino ruvido, avvolge una rilegatura ottima, che permette l'apertura del fumetto in tutta sicurezza, senza il rischio di rovinarlo.
L'impaginazione delle tavole consente una lettura confortevole e la quantità di note a piè di pagina agevola non di poco la comprensione di usi e costumi del Sol Levante.
La grafica curata, dettagliata e dal tratto realistico, quasi fotografico a volte, appoggia appieno i miei gusti e se a questo aggiungiamo un'idea di trama accattivante, anche se non troppo originale, non poteva non essere questo l'acquisto da me cercato. Sino a quando non ho iniziato a leggerlo.

River's Edge ci parla di un agenzia investigativa i cui componenti, nonché protagonisti (direttore, investigatore e segretaria), indagano su una serie di casi da “leggende metropolitane” proposti dai vari clienti (cito la trama posta sulla copertina).
Un idea, ripeto, non originale, ma quantomeno interessante, proposta non come trama continua, ma come una serie di storie a se stanti, scollegate l'una dall'altra, il cui unico minimo comun denominatore è l'agenzia con i suoi “bizzarri” clienti.


L'occasione sprecata è proprio l'idea stessa che regge il fumetto.
Le storie sono molto brevi (nove per volume) e in pratica si auto-risolvono da sole, nel senso che l'agenzia fa poco e niente, o perlopiù non ci viene mostrato quello che fa, se non con due tavole che cercano di farci intuire i risvolti del caso.
Una storia tipo è questa: rapidissimo interludio in cui i protagonisti cazzeggiano – arrivo del cliente e spiegazione del caso – ricerca di indizi – conclusione (nella maggior parte dei casi a tarallucci e vino).
Il neo più grosso sta proprio nella fase “ricerca di indizi”, realizzata sempre con due pagine di tavole in cui si vede il detective che vaga per la città, seguendo un ipotetica pista di cui non ci viene detto nulla. A volte risolve lui il caso, altre volte, dopo aver girovagato a vuoto, chiama il suo capo che con due o tre telefonata ai suoi “contatti” risolve tutto (e dopo quattro o cinque storie così vien da chiedersi perché non fa tutto il capo direttamente).
Naturalmente di vedere o sapere chi sono i suoi contatti non se ne parla.
Le storie hanno tutte la medesima lunghezza, per questo ci troveremo difronte a:
Storie molto interessanti che sul più bello vengono stroncate alla ben e meglio.
Storie che non hanno motivo di esistere, letteralmente, non perché sono inverosimili, ma perché non dicono nulla, non succede niente all'interno di esse.
Pochissime storie belle e ben sviluppate, adatte alla lunghezza prefissata.
Creare delle storie investigative interessanti e pensare di farle nascere, sviluppare e risolvere nel giro di quindici pagine (di cui almeno cinque sono solo disegnate, senza dialoghi) è un obbiettivo ambizioso che, purtroppo, raramente gli autori hanno centrato. Un gran peccato.

Tuttavia (spezzo una lancia in favore di questo fumetto) ho letto su internet che le storie son state concepite per essere inserite su di una rivista, e che il pubblico a cui esse si rivolgono sono i Salaryman, i quali, negli spostamenti quotidiani per lavoro, devono riuscire a godersi una storia bella, rapida e auto-conclusiva.
Forse, all'interno di un contesto simile, il tutto prenderebbe una dimensione più sensata, ma all'interno di tre volumi “raccolta” sento puzza, ancor prima di mera mossa commerciale, di occasione mancata, soprattutto perché non riesco a spiegarmi come mai gli autori, per rientrare nei limiti di lunghezza, abbiano sorvolato sulla parte essenziale di una storia di stampo investigativo, ovvero: l'investigazione.

lunedì 19 novembre 2012

Un video al...

...giorno.

Inizia la nuova settimana e riprende la rubrica musicale, dopo una pausa voluta dalla poltroneria dell'autore.
Oggi vi presento Ghemon. Non il personaggio della famosa serie animata (di cui in comune ha solo la pronuncia del nome), bensì di un rapper di Avellino.


Conosco poco Ghemon. Per ora ho ascoltato solo gli album La rivincita dei buoni e Qualcosa è cambiato, perciò ho poco da dire su di lui, ma qui potete leggere un intervista per conoscerlo meglio.
Quello che mi ha colpito maggiormente in questo artista è il suo essere bonaccione. 
I suoi testi trasudano spontaneità, amore, avversione della la violenza, ma anche malinconia, riflessioni e pensieri di un ragazzo comune, come tanti, come me e come voi, ricchi di contenuti più o meno profondi, mai banali e lontani da cliché del genere.
Vi consiglio l'ascolto, anche se il suo timbro vocale potrà non impressionarvi.

Titolo: Fantasmi Pt.2
           Tratto da: Qualcosa cambierà vol.2


 

mercoledì 14 novembre 2012

Un video al...

...giorno!

Eccoci al secondo appuntamento della rubrica.

Oggi presento un altro rapper (penso si sia capito che è il genere che ascolto maggiormente) Infa.
Originario di Cagliari, sulla scena dagli anni 90, ha pubblicato sette dischi, due da solista, quattro nel duo La Kasbah (composto da lui e dal rapper Mefisto) e uno insieme al rapper Cizin.
Ha collaborato con svariati artisti della scena sarda, qui potete trovare la sua bio e i suoi dischi in freedownload.
Le sue rime spaziano dall'introspettivo al no-sense, dal grottesco alle continue citazioni cinematografiche, il tutto espresso con un timbro vocale sporco e graffiante.


Consiglio caldamente l'ascolto di Psychodeath (7 keys to unlock the mind), qui una mia recensione, un vero e proprio viaggio allucinato tra citazioni cinematografiche e suoni dallo spazio profondo.
Buon ascolto.

Infa - Fuori dal mondo
tratto da: Psychodeath (7 keys to unlock the mind)



martedì 13 novembre 2012

Schizzi di racconti o racconti schizzati n°1

Sul primo numero di Schizzi di racconti o racconti schizzati (la presentazione della rubrica al post precedente), inserisco il racconto La notte dei Primogeniti.
Scrissi questo racconto per un laboratorio di scrittura creativa (vedi sempre post precedente), potete trovarne una versione commentata su Skan Magazine n°1.
Qui posto la versione revisionata grazie agli utili commenti degli altri concorrenti che, ovviamente, ringrazio.

Buona Lettura, o buone risate, o buona dormita, quello che vi pare. Fa lo stesso.

La notte dei primogeniti

Caldo. Fa caldo. Apro gli occhi: attorno a me un deserto di soffice sabbia dorata, su cui si infrange un mare rosso sangue, denso, intenso, come il cielo al tramonto.
I colori sono bellissimi, saturi, mi avvolgono e mi riscaldano.
Una piccola rana verde si posa sul palmo della mia giovane mano. I suoi occhi, rossi e caldi come l'aria che ci avvolge, m' ipnotizzano.
Alzo lo sguardo, un'altra è ai miei piedi. Altre cinque, dieci, cento, mille arrivano dal mare.
Scappo. Corro, ma come negli incubi sento le gambe deboli e fiacche; gli occhi si chiudono mentre affondo nella sabbia.
Con uno sforzo disumano riesco a rialzarmi.
Attorno a me cresce un ronzio insopportabile che mi fa impazzire. Mi sento pungere, mi divincolo con tutte le forze. Grido e mi accuccio in me stesso.
Una lunga via ora si estende davanti a me: è familiare, la conosco senza riconoscerla.
M'incammino intimorito. Fa freddo, il cielo è plumbeo, abbraccia la nebbia che mi circonda, negandomi la vista a oltre pochi metri dal mio corpo.
Non so per quanto cammino. Ore, giorni, mesi, anni. La pelle delle mie mani, l'unica che riesco a vedere, invecchia e si raggrinzisce.
Dalla nebbia fuoriescono animali: capre, pecore, mucche, asini, cavalli, cani, gatti. Camminano spenti, non hanno né occhi né pelle. La carne viva viene divorata da enormi cavallette e viscide mosche nere. Ho paura, ho freddo.
Persone simili a me, ma diverse, vestite ora di stracci, ora di sete pregiate, ora armate di spade, ora di falci e martelli, si sostituiscono agli animali, nella stessa processione di morte. Chi siete?
Le chiamo, ma non rispondono. Mi sfiorano, mi colpiscono, ma non si voltano e una volta che mi passano affianco cadono a terra, muoiono e io non posso far nulla per aiutarle. Piango.
La nebbia inizia a diradarsi, il cielo cambia colore: da grigio si vela di nero. In lontananza appaiono le luci, le sgargianti luminarie della mia città.
La riconosco. Ora so chi sono, lo ricordo, o almeno credo.
I miei passi si confondono tra migliaia di scarpe.
I miei occhi si perdono tra gli sguardi dei miei simili
I miei arti si scontrano, si toccano, si sfiorano con gli altri: pelle su pelle, sudore.
Un tocco inebriante, dolce e vigoroso allo stesso tempo.
La notte ci avvolge tutti. Le tenebre aleggiano sopra la mia città.
Guardo i chiassosi locali inghiottire le persone, centrifugarle e vomitarle per le strade buie. Centinaia di ragazze mi osservano da dietro un vetro, mi sorridono, sono bellissime. Ricambio il sorriso, ammaliato dalle vertiginose curve e dalla profondità dei loro occhi azzurri, nei quali mi tuffo come in un mare fresco e incontaminato.
Sono euforico. Attorno a me le tenebre continuano ad avvolgere la città e i suoi figli, ma non mi importa. Voglio vivere la mia Sodoma, voglio possedere la mia Gomorra.
Arrivo in una grande piazza, gremita di persone che si abbracciano, si baciano, si muovono al ritmo di magnifiche note musicali.
Un gruppo di ragazzi, maschi e femmine, miei simili, gente come me, mi prende per mano, ci riconosciamo tra noi, ci vogliamo bene, ci facciamo compagnia, non ci lasciamo mai soli.
Balliamo una musica dolce e inebriante.
Il cielo nero ora si illumina di immensi lampi colorati, esplosivi e violenti. Ho paura.
Scappo e mi nascondo, ma la curiosità è più forte e continuo a osservare, nascondendo la testa a ogni boato.
Nella piazza scorrono fiumi di un nettare divino, seguo il potente profumo che fuoriesce dalle bocche delle bottiglie e delle persone.
Alzo lo sguardo verso un grande palazzo, illuminato come la più splendida giornata di sole. Mi augura di passare un anno di felicità. Solo uno mi chiedo io?
Una voce mi attira.
Passo dentro un vicolo buio, nero, dove non riesco a vedere nemmeno il palmo delle mie mani.
Sbuco su una piccola piazza, chiusa tra stretti vicoli i cui palazzi si innalzano sino al cielo, chiudendosi su loro stessi, aumentando le tenebre.
Una grande chiesa dalla facciata spartana si innalza di fronte a me. L'occhio del rosone pare volermi ammonire, mi fissa grottescamente. Ho ancora paura.
Una voce imponente richiama la mia attenzione. E' un giovane parroco il cui timbro vocale contrasta apertamente con la sua stazza.
Lo osservo, lo fisso. Solo lui nel mio raggio visivo, tutt'attorno le tenebre, il nero, il buio.
  • Chi sei? Gli chiedo.
  • Sono il tuo pastore. Mi risponde.
  • Non ho bisogno di te, è la notte la mia guida.
  • La notte è la tua piaga, chi sei tu, figliolo?
  • Io sono me stesso.
  • Chi è te stesso?
  • E' la persona che vedi.
  • Non vedo nessuna persona.
Non so rispondere. Grido. Io sono me stesso, perchè lui non lo vede? Non vede il mio corpo, i miei occhi, le mie gambe, i miei capelli, la mia pelle, il mio sudore, le mie emozioni, i miei sentimenti?
  • Perché non mi vedi? Gli grido.
  • Io ti vedo, tu vedi te stesso? Mi risponde.
  • E' la notte che vede me.
  • Sono le tenebre che ti vedono, che ti vogliono, che ti avvolgono, che ti rubano. Io sono qui, posso guidarti fuori.
  • Sono i miei occhi che mi guideranno, sono le luci di questa città. E poi arriverà l'alba, il sole, la luce e saremo tutti liberi.
Ci fissiamo per interminabili minuti, il suo sguardo è triste ma forte. Mi ammonisce ma mi accoglie allo stesso tempo. Le sue labbra si muovono e le seguo incantato.
  • Figliolo, questa città non vedrà più la luce. La tua gente non vedrà più il sole.
Grido forte, mi colpisco la testa, piango.
Riprendo a correre ma nuovamente, come nei peggiori incubi, sento le gambe mancare, cado.
Mi pongo supino. Rido e piango allo stesso tempo. Ora ho capito.
  • Ti è piaciuto il viaggio?
E' il parroco. Il suo viso si pone tra i miei occhi e il cielo nero.
  • Ti è piaciuto? Mi ripete.
Rido sempre di più, mentre una lacrima solca il mio viso. Ora ho capito.
  • Si, mi è piaciuto tanto.
  • Sicuro che non dimentichi nulla?
  • I primogeniti.
Smetto di ridere, ma il sorriso non abbandona il mio viso. Sento la mia testa posarsi su un cuscino di dolci sogni e soffici pensieri che mi alleviano i dolori dell'anima.
Penso a mio padre, a mia madre e ai fratelli che non ho mai avuto....Bang!


Epilogo

All'ingresso di un vicolo buio del centro storico, un poliziotto stende i nastri gialli da muro a muro, mentre due paramedici cercano di rianimare un giovane ragazzo, sdraiato tra i cassonetti.
Ha gli occhi chiusi, il sorriso sulle labbra, la maglietta strappata.
Su entrambe le braccia la firma della sua sorte, indelebile, impressa come un marchio a fuoco.
  • E' morto. Ora del decesso, mezzanotte e cinquantanove.
  • Be, almeno ha vissuto abbastanza per vedere l'anno nuovo.
  • Già. Buon 2013 figliolo. Portiamolo via ora.
Il giovane parroco sosta all'ingresso del vicolo, osservando con sguardo rammaricato la scena.
  • Gli ha dato lei quella bibbia, padre? Chiese, avvicinandosi, il poliziotto.
  • Si. Ho pensato che la fede l'avrebbe aiutato a resistere sino al vostro arrivo. In fondo, portava pure lui un crocefisso al collo.
  • Padre, purtroppo la fede, da sola, non basta per abbattere questa piaga. La notte arriverà sempre, ciclicamente, assieme a ciò che porta via i ragazzi lasciati crescere soli, con essa.


Schizzi di racconti o racconti schizzati n°0




Tempo fa scrissi un racconto ispirato alla canzone The End dei Doors.
Ora questo racconto riposa sogni tranquilli, per la sicurezza dei lettori, in una remota cartella del mio pc, e forse in futuro, dopo una buona revisione, lo pubblicherò qui sul Blog, a puntate, come un bel romanzo d'appendice ottocentesco.

Quel racconto mi è molto caro. Racchiude in sé tutta l'ingenuità dello scrittore (passatemi il termine) alle prime armi che era in me.
Mi è caro perché fu il primo racconto che portai a termine. Il mio primo racconto con un capo e una coda coerenti tra loro.
Mi è caro perché ogni volta che penso a quel racconto la prima cosa che mi viene in mente non è il suo contenuto, la sua forma, la sua trama: no, nulla di questo. Mi viene in mente il suo concepimento. Io, sdraiato sul letto, che ascolto la canzone e all'improvviso vengo fulminato dall'idea.
Una sequenza di immagini di senso compiuto (oddio non troppo) mi si proietta nella mente e in poco più di un ora riesco a riversarle su di un foglio.
Per tutti gli altri racconti che ho scritto non è stato così semplice.

Ma soprattutto lo ricorderò perché è stato il racconto che mi ha spinto a volerne scriverne di altri, ed è tramite esso che mi sono affacciato ai vari concorsi di scrittura creativa presenti sul web.
Uno in cui mi son trovato bene e che, tra le altre cose, mi ha fatto crescere è il Forum Scrittori de La Tela nera. Una simpatica comunità virtuale che organizza mensilmente dei laboratori di scrittura creativa in cui ci si sfida a suon di racconti a tema e, importante, a suon di commenti.
Già, commenti, perché lo scopo non è solo produrre, ma saper giudicare anche le produzioni altrui.
Una buona palestra per chi è alle prime armi.

Perché dico tutto questo?
Per introdurre la rubrica Schizzi di racconti o racconti schizzati, in cui inserirò, se non si era capito, i miei racconti, o almeno quelli che possiedono lo stretto necessario per non farvi addormentare dopo la prima riga.
Il primo che inserirò è "La notte dei primogeniti" . Un breve racconto, scritto in uno dei laboratori del Forum de La Tela Nera, e successivamente pubblicato sul n°1 di Skan Magazine, dal tema "l'undicesima piaga d'Egitto".

Un video al....

...giorno!

Si, questa era, ed è, l'idea iniziale di questa nuova rubrica.
I propositi sono buoni, del resto pubblicare una canzone al giorno è decisamente più semplice e veloce che pubblicare un Post.
Sono molto pigro, lo sò, e sarà dura tenere anche il ritmo di una canzone al giorno.
Ma ci proviamo.

Iniziamo con Caneda, controverso rapper milanese, ex dogo gang, che a Settembre ha fatto uscire il suo ultimo lavoro: Il piccolo principe MixTape



Il disco si può scaricare gratuitamente su Honiro.it (qui, sfogliate e troverete) e merita certamente un ascolto, anche se probabilmente non è all'altezza del precedente lavoro (Nato nell'acqua, disponibile anch'esso su Honiro.it).
Caneda è un rapper atipico, la sua voce grottesca e il suo flow imperfetto non si masticano facilmente e le sue rime sono in grado di colpire dritte al cuore, o allo stomaco, per la loro crudezza e profondità, tanto da farci credere di avere di fronte un artista maturo, ma spesso hanno anche la forza di lasciarci basiti per l'imbarazzante banalità che trasudano, tanto da farci rinnegare quanto pensato prima.
Ma questo è Caneda, ed è per questo che lo si ama o lo si odia.
Io apprezzo tantissimo questo artista il cui Fine non è fare musica rap, ma usare questo genere come mezzo espressivo del suo essere.
E dato che ci siamo, vi lascio ben due pezzi. Per tutto il resto c'è Youtube.

Caneda - Eroi
tratto da: Nato nell'acqua
 
 Caneda - Nuovo Battisti
tratto da: Il piccolo principe
 

La Golden Age dell'incomprensione?



Una frase. Un video di quindici secondi, e la scena Hip-Hop italiana si divide in due fazioni: puristi e conservatori da una parte, nuove leve dall'altra. Old school vs New school.
Paola Zukar, attualmente manager di Fabri Fibra, Marracash ed Entics, ed ex direttrice di Aelle, storica rivista italiana dedicata alla musica Rap, in una recente intervista rilasciata per Bonsai Tv durante la presentazione del film-documentario The Art of Rap ha dichiarato che “i rapper degli anni 90 erano scarsi”(sic).
Chi segue la scena Hip-Hop italiana sa che la scena musicale degli anni 90 è considerata sacra, intoccabile, lontana anni luce da quella attuale. Un periodo in cui il Rap italiano ha raggiunto il suo massimo potere espressivo con artisti del calibro di Neffa, Colle der Fomento, Kaos, Dj Gruff, Esa, Sottotono, Joe Cassano, Fabri Fibra e tanti altri, rimanendo comunque, per la maggiore, all'interno di un circuito Underground.
Facile intuire come le parole della Zukar siano piombate sulla scena come una bomba atomica, scatenando non poche polemiche.
L'Hip-Hop non è una moda, ma un movimento culturale che va oltre il semplice concetto di musica, per questo in Italia, come in America o in Europa, la sua mercificazione a scopo di lucro è sempre stata mal vista.
Ma l'Italia non è la patria dell' Hip-Hop e nel far sua questa cultura è dovuta scendere a patti, portando spesso a interpretazioni e visioni se non sbagliate, comunque distorte. Questo lo spiega bene il giornalista Damir Ivic, nel suo libro Storia ragionata dell'Hip-Hop italiano.
Le parole della Manager sono quindi la goccia che ha fatto traboccare il vaso o il pretesto, da parte di chi è stato tagliato fuori, di rivendicare il proprio ruolo all'interno dei giochi? Difficile rispondere, dato che motivazioni valide si trovano su tutte e due i fronti.
Oggi il Rap in Italia ha un riscontro mediatico senza precedenti, basta dare uno sguardo alle classifiche di vendita, dove artisti come Mondo Marcio, Fabri Fibra, Marracash e Club Dogo, svettano tra i primi della lista; i format televisivi lo accolgono (vedi Mtv Spit o X-Factor); gli artisti conquistano le copertine delle riviste non-settoriali; concerti sold-out, come il 4°b-day di Hip Hop Tv, svoltosi al Mediolanum forum di Assago.
Insomma, a guardare questi numeri verrebbe da dire che la “Golden Age” del Rap italiano è oggi e che le parole della Zukar, così come quelle di altri giornalisti schieratesi dalla sua parte, non sono del tutto errate, se prese con le dovute precauzioni (per questo si rimanda alla lettera pubblicata dalla Zukar nella sua pagina Facebook -e riportata da Hotmc-, in risposta alle polemiche scoppiate a seguito della sua affermazione, o all'articolo "tutti che parlano di rap italiano" di Wad Caporosso su Rockit.it ).
Ma non è tutto oro quello che luccica, e le accuse volate su tutti i fronti negli ultimi giorni non sono solo figlie dell'invidia di chi, quando ha avuto l'occasione, non è stato in grado di saltare sul carro dei vincitori.
Dando uno sguardo agli MTV Hip-Hopaward 2012, nella categoria “Best artist” troviamo: Club Dogo (Milano/Universal), Emis Killa (Milano/Carosello Record), Fabri Fibra (Milano/Universal/Paola Zukar), Marracash (Milano/Universal/Paola Zukar), J-Ax (Milano/Best Sound). Alla categoria “Best Album” troviamo i medesimi artisti, con l'aggiunta di Salmo (Milano/Tanta Roba, etichetta di Guè Pequeno, membro dei Club Dogo) e Two Fingerz (Milano/Sony BMG). “Best New Artist” vede: Emis Killa, Salmo, Fedez (Milano/Tanta Roba), Entics (Milano/Tempi duri Rec, etichetta di Fabri Fibra/Paola Zukar), Ghemon (Avellino/Blu-Nox). Alla voce “Album dell'anno”abbiamo: Club Dogo, Marracah, Emis Killa, Salmo, Two Fingerz. A “Song of the year” si aggiunge il nome di Ensi (Torino/Tanta Roba) e così via.
Non è difficile notare come l'età dell'oro del Rap italiano sia in realtà dominata, in tv/radio/premi musicali, da un gruppo di artisti che, eccetto qualche nome, ruota attorno a una serie di etichette/manager/major della capitale lombarda. Non si vuol togliere nulla alla qualità di questi personaggi, ma è innegabile come attorno a questa musica si stia creando una sorta di “casta” che si spaccia come portavoce del movimento, a cui è concessa visibilità, passaggi in radio, concerti sold-out, interviste ecc..., dando si visibilità al fenomeno, ma tagliando fuori il restante mondo Hip-Hop dello stivale, composto da molte realtà interessanti. Parlare di “Golden age” mi sembra quindi ancora azzardato.
Paradossalmente, una situazione simile si è creata negli anni 90, seppur inversamente. Di fatto, come ci spiega il già citato Damir Ivic nel suo libro “Storia ragionata dell'Hip-Hop italiano”, all'epoca le Major si interessarono al movimento Hip-Hop e fu proprio quest'ultimo a rifiutare una collaborazione, preferendo l'auto-produzione e il rifiuto di “scendere a patti” con l'industria della musica. Le difficili strade della produzione indipendente, il sempre maggiore disinteresse del pubblico e dei media al fenomeno, la difficoltà di gestione degli eventi, portarono il rap, sul finire degli anni 90, a una profonda crisi che portò molti artisti ad abbandonare o cambiare strada, lasciando comunque ai postumi un background musicale di tutto rispetto, che oggi tutto può essere definito, meno che scarso, perché a parlare sono i dischi, la musica stessa. Ma anche qui, parlare di Golden age, mi sembra azzardato.
La forza dell'Hip-Hop odierno è legata alla sua visibilità, alla possibilità di raggiungere tutti tramite qualsiasi mezzo mediatico. La forza dell'Hip-Hop degli anni 90 è legata alla passione che i precursori mettevano in questa musica, o meglio, cultura, senza scendere a patti. Gli artisti di oggi non son “più bravi” di quelli di ieri, hanno altre qualità, altre strutture alle loro spalle che gli artisti degli anni 90 non avevano o, a volte, hanno rifiutato.
Gli anni 90 hanno messo in moto un fenomeno. Il nuovo millennio gli ha dato nuova linfa vitale, la quale può, e deve, essere sfruttata da chi c'è e da chi c'è stato, se ancora si sente in grado.
La Golden age non è stata negli anni 90, ne tanto meno oggi. La Golden age dell'Hip-Hop italiano dev'essere ancora scritta.

...almeno presentiamoci.

Cosa dire? dovrei iniziare col presentarmi e chiarire (prima a me che a chi legge) perché ho deciso di aprire un Blog, per cosa lo dovrei usare, cazzi e mazzi.
Ma partiamo per gradi.

Sono un ragazzo, travolto dalla crisi del quarto di secolo, che se per voi non esiste, per me c'è. Eccome.
Nel pieno delle mie poche e confuse facoltà mentali ho capito che scrivere è la cosa che adoro fare. Scrivere nel senso ampio del termine: dalla lista per la spesa, ai riassunti dei testi universitari, a liberi sfoghi personali, e perché no, qualche racconto di tanto in tanto.
Se inizialemte questa voglia era relegata a pochi e insulsi attimi della mia vita, ora sento un impellente bisogno di farlo costantemente.
Da qui la risposta alla domanda "perché hai aperto un Blog": voglia di scrivere.
Una voglia che potrebbe essere placata comprando un quaderno e una penna. Giusto. Ma cerchiamo di essere onesti. Una persona scrive perché ha necessità di comunicare e la comunicazione richiede almeno due partecipanti: chi parla/scrive, chi ascolta/legge.
C'è necessità di un Mittente e di un Ricevente.
Sedersi a una scrivania e scrivere su un quaderno tutto ciò che ci passa per la testa è come chiudersi in una stanza a pensare e parlare con un muro. Può essere utile per non far implodere la nostra testa dai troppi pensieri, ma è assolutamente inutile da un punto di vista comunicativo, di crescita personale. La comunicazione non è solo scambio di informazioni, ma confronto, scontro, crescita e quant'altro. Perché scrivere quindi solo per noi stessi? e poi si sa, chi scrive lo fa perché spera che qualcuno, prima o poi, legga ciò che ha scritto.
Da qui una seconda risposta al "perché hai aperto un Blog": voglia di ricevere critiche e giudizi sulle mie produzioni (quando ci saranno) e pensieri.
Questo ci porta (o mi porta) a un altra riflessione: la costanza. Scrivere è un arte. Saper usare le parole per trasmettere emozioni, concetti, informazioni è tutt'altro che semplice, ma richiede sacrificio, dedizione, pratica, in altre parole: costanza. Scrivere, scrivere e ancora scrivere, ma soprattutto leggere, leggere e ancora leggere, dalle istruzioni di montaggio dei mobili Ikea all'enciclopedia; dalle informazioni sulle etichette dei prodotti alle poesie. Dai depliant ai Romanzi, fumetti ecc...
Per quanto mi riguarda sulla lettura me la cavo bene, perché leggere mi piace, anzi, è ciò che più amo fare. Per la scrittura sono ancora in alto mare, ed è questa un'altra risposta al "perché hai aperto un blog": per cercare di essere costante con la mia scrittura.

Questo Blog è quindi per me una valvola di sfogo e una palestra di scrittura.
Il materiale presente sarà molto vario, come quello che potete trovare su circa la metà del trilione di Blog presenti sul web. Sono solo una misera goccia d'acqua in un ocenao sconfinato. L'ennesimo avverbio in "-mente" che nulla da' e nulla toglie a una delle enne frasi che andranno a comporre l'ennesimo Best Seller estivo. Ci siamo capiti.

Cos'altro dire? chi sono? che senso ha il titolo del Blog?
Di me, per ora, non voglio dir molto, anzi, nulla. Se l'idea di questo Blog dovesse proseguire e crescere ci ripenserò, ma se dovesse finire su di un binario morto meglio metterci una pietra sopra e ripartire.
Il senso del titolo sarà argomento di uno dei miei prossimi post. Non voglio bruciarmi subito quel poco che ho da dire.