lunedì 26 novembre 2012

Schizzi di racconti o racconti schizzati n°2

Oggi vi presento un piccolo raccontino il cui tema è il Caffè.
Buona lettura.


La psicologia del caffè


Il barista fissava impaziente l'orologio, in attesa che la lancetta dei minuti spaccasse in due il numero dodici: in quel momento lei sarebbe entrata, accompagnata da un'aura di quiete in grado di coprire il brusio dei clienti.
L'ora arrivò, e come i tutti i giorni, la giovane ragazza entrò nel bar.
Come sempre ordinava un caffè macchiato e si sedeva al tavolino rotondo in fondo alla sala, dove, dopo aver acceso una sigaretta, scriveva su un quadernino dalle pagine ingiallite.

L'indomani sarebbe stato il suo giorno libero ed era deciso a conoscerla.
Alle dieci e trenta si presentò al bar, fece colazione e l'aspettò.

Alle solita ora lei entrò, avvolta in uno stravagante vestitino verde scuro che risaltava i lunghi e mossi capelli rossi; ai piedi delle infradito dal medesimo colore dello smalto.
Il ragazzo l'ammirò. Appena il suo collega le portò il caffè al tavolo si fece coraggio e decise di andare a parlarci.
“Posso?” chiese, fingendo un tono vocale sicuro di sé.
“Certo” rispose lei, alzando lo sguardo e mostrando i suoi grandi occhi azzurri.
“Oggi è buono il caffè? Sa il mio collega non è molto pratico nel farli, ma in compenso...”
“Va benissimo. È molto buono”. Lo interruppe lei, poi continuò “Perché vieni qui anche nel tuo giorno libero? Ti piace questo bar?”.
Lui sorrise, felice che l'avesse riconosciuto, e rispose “Preferisco i clienti. Sai, lavorare in un bar ti aiuta a capire molte cose sulle persone”.
“Ci credo” rispose lei “parli tutti i giorni con un sacco di gente”.
“No. Io non parlo molto. Sono le loro scelte a parlarmi”. Rispose, mentre lei lo fissava incuriosita. “Per esempio, sai che il caffè può dire molto su di una persona?”.
“Parli della caffeomanzia?” rispose lei, cercando di trattenere una risata.
“No, non quelle sciocchezze.” sbuffò lui, accorgendosi di aver attirato la sua curiosità.
“Avanti, parla. Ti ascolto”. Disse lei in tono amichevole, mentre estraeva una Marlboro light dal pacchetto, offrendone una anche a lui.
“Tu sei una persona dall'animo artistico. Cerchi la bellezza nelle cose, nei piccoli gesti quotidiani. Ti piace assaporare la vita da molteplici punti di vista, utilizzando più sensi, per quello bevi il caffè macchiato, perché ti piace vedere la schiuma del latte, compatta, avvolgersi nel liquido caldo del caffè e formare figure astratte. Tu bevi il caffè anche con gli occhi, non solo con la bocca”.
Lei lo osservò sbigottita e non riuscì a trattenere una risata divertita.
“Mi stai prendendo per scemo? Guarda che è vero! Prova a negarlo” rispose lui a tono, mascherando la serietà dietro una risata di complicità.
“Scusami, non volevo ridere, ma mi hai preso alla sprovvista. Dove hai letto queste cose?”
“Da nessuna parte. L'ho dedotto io, osservando le persone che vengono qua. Vedi il tizio al bancone, quello con la ventiquattrore ai piedi e il cellulare all'orecchio? Scommetto che ha preso un caffè ristretto. Sai chi prende un caffè ristretto? Le persone che vivono di lavoro, con l'agenda sempre piena, cariche di impegni dalla mattina alla sera. Quelle che non hanno, o dicono di non avere, un minuto per fermarsi ad assaporare i piaceri della vita. L'opposto di chi prende un espresso classico”.
Lei, sempre più incuriosita lo esortò “ovvero?”.
“L'espresso classico è tipico delle persone semplici, senza troppe pretese. Quelle capaci di apprezzare le piccole cose che la vita ti offre. Sanno che la felicità si può trovare quotidianamente in ciò che ci circonda, e non vanno a cercarla altrove. Oppure...”.
“Oppure?”
“Oppure lo prendono le persone che ancora non hanno trovato il caffè adatto alla loro personalità”.
La ragazza fissava il barista, rapita dalla sua parlantina e sembrava chiedergli di non fermarsi.
“Osserva il signore che sta entrando ora. Ordinerà un caffè lungo. Sai perché?”
“Perché ama il sapore del caffè?”.
“No. Perché ha paura della vita. Le persone che prendono un caffè lungo sono quelle che cercano una pausa più lunga, che gli permetta di non tornare ad affrontare i problemi. Sono le persone che si rifugiano dietro una scusa. Sempre.”
“Sembra una teoria interessante. E su chi prende il caffè corretto che hai da dire? Che è un alcolizzato?”
“Ahahah. Brava, ma questo era facile, e poi non è detto, magari è una persona che cerca il coraggio, come il leone del Mago di Oz”
Risero tutti e due, poi lei spense la sigaretta e allungò una mano verso di lui “Io mi chiamo Federica” disse.
Lui, ricambiando il gesto, le strinse la mano e rispose “Io sono Roberto”.
Seguirono alcuni attimi di silenzio, poi fu Federica a prendere la parola “Dimmi Roberto...tu, che tipo di caffè sei?”
Lui la osservò per un attimo, poi disse “Io non bevo il caffè. Preferisco il the”.


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